Voce sottile,visetto impaurito e un corpo talmente esile da risultare quasi inesistente. Le piccole schiave Cinesi dell’ antica Chinatown chiamavano i clienti al di là di una grata, l’ unica forma di comunicazione con il resto del mondo. Nude, malate e ancora bambine tendevano disperatamente le manine verso i loro potenziali acquirenti, blandendoli con nenie ossessive a metà tra pianto e canzoni, in cui illustravano le loro capacità amatorie e promettendo orgasmi irresistibili che suonavano falsi sulle labbra di creature decenni.
Gli Americani le chiamavano Sing Song Girls accostandole erroneamente al concetto delle Cortigiane di Shangai, vittime immensamente più fortunate e testimoni silenziose di una società interamente al maschile, non diversa da quella che si cela oggi sotto la pellicola moderna della nuova Cina.
Dalla notte dei tempi i Cinesi hanno promosso e sostenuto la schiavitù, e questi schiavi erano le donne: madri, figlie e spose erano comunque proprietà dei maschi della famiglia,che ne potevano disporre liberamente e decidere anche della loro vita. Mentre tutto il resto del mondo si allargava più o meno riluttante al rispetto della donna la Cina ne restringeva i confini, profondamente convinta dell’ inferiorità dell’ universo femminile ma intimamente temendola, così come il Cielo teme la potenza della Madre Terra. L’idea dello Yin e dello Yang, la complementarietà dei sessi che è alla base della cultura Cinese, non ha mai trattenuto il Grande Impero dal calpestare le bambine, lasciate a morire a mucchi sui cumuli della spazzatura.
Il motivo è riconducibile all’ avvento del Feudalesimo in Cina, di stampo dichiaratamente patriarcale, che deformò completamente la filosofia del Tao e che innestò nelle masse il concetto della ” donna idrovora, colei che durante l’ amplesso succhia la linfa vitale del maschio rendendolo pusillanime e vuoto, tale da poterlo comandare a suo piacere.”
Probabilmente i Cinesi erano rimasti scottati dalla mala esperienza di alcune delle ataviche regine, in uno di quei periodi antichi in cui anche l’ Oriente aveva vissuto l’ epoca d’oro del matriarcato. Ai suoi inizi, infatti, la società Cinese filava bene e ognuno ricopriva egregiamente il suo ruolo. Il maschio era Yin, aperto verso l’ esterno, cacciatore, conquistatore; la femmina era Yang,rivolta all’ interno della sua casa dove occupava un potere predominante e mai antagonista con quello del maschio.. Era madre e imprenditrice grazie all’ allevamento del baco da seta e della tessitura, che offrivano un reddito sicuro alla sua famiglia. Ma era anche amministratrice dei beni, che sostanzialmente erano la SUA dote e che per questo passavano poi da madre a figlia, così come il suo cognome. Negli esempi di regine antiche, cioè tra il XIII e il IV sec. A.C. non troviamo alcuna contraddizione tra il Potere e il ruolo di moglie e madre, come testimoniano moltissime Regine guerriere da Fu Hao in poi, che si mostrarono ( con le dovute eccezioni ) anche sagge amministratrici di una Cina in espansione e ottime strateghe nella difesa militare. E’ chiaro che ci furono anche brutti esempi di grettezza e di perdizione… ma essi si confusero nella moltitudine di pessimi Re e Imperatori che da sempre hanno fatto il brutto e il cattivo tempo per il loro popolo, Ciò che gli storici e gli archeologi hanno rivelato è che le antiche governanti Cinesi erano donne capaci, forti e di grande intelletto, un’ immagine che stride con lo stereotipo della creatura fragile e sottomessa che gli Occidentali in seguito conobbero.
Fu la nascita dell’ Impero a distruggere le donne, a relegarle sempre più in ruoli subalterni privandole della loro dignità, del cognome, della cultura e in moltissimi casi anche della vita. L’ uomo acquistò una posizione predominante come Sole dispensatore di vita, e la donna ne divenne il satellite, in tutto e per tutto sottomessa. Da qui a farne un oggetto di trastullo e di piacere il passo fu breve: nacquero gli Harem, e il concubinaggio istituzionalizzato entrò a far parte del quotidiano femminile. . Gli Imperatori conquistavano terre e,per sedare in anticipo eventuali ribellioni, sposavano le principesse dei vinti. Costoro, per alleviare un po’ il trauma del distacco, si facevano accompagnare nella nuova Patria da sorelle o cugine, che a loro volta finivano nel letto dell’ Imperatore. Alle mogli titolari si aggiunsero quindi le concubine, e infine il prestigio di un Re fu determinato dal numero delle sue mogli, pari al numero delle Province conquistate, dallo stuolo di schiave che lo componevano e dai giochi erotici delle cortigiane, che si auto-consegnavano all’ Harem spinte dalla ricerca di una vita che le sollevasse per sempre dalla miseria.
Il mondo femminile si spaccò in due: da un lato le mogli , dall’ altro le puttane; le prime con unica funzione riproduttiva, le seconde come giocattolo di piacere.
L’ unico potere della donna, quindi, si stabilì a letto: un’ arma subordinata eppure temibilissima, in grado di sollevare interi eserciti grazie alla cupidigia di un Imperatore. Il concetto volgare per cui ” tira più un pel di fica che un carro di buoi ” era valido ieri come oggi, ed evidentemente i Cinesi ne furono succubi. La loro storia è piena di concubine di infimo ordine che, scalati i vertici dell’ Harem, riescono ad assurgere al ruolo di Imperatrice e farsi nominare uniche reggenti, magari dopo aver fatto ammazzare l’insigne consorte. In tali casi si incolparono esclusivamente le donne e mai la debolezza lussuriosa dei loro mariti. Così lentamente ma inesorabilmente anche l’ Harem venne limitato e codificato attraverso omicidi di massa che impedissero la ” carriera ” delle concubine e delle cortigiane . Morto un Imperatore si smantellava il suo harem uccidendo tutte le donne meno le consorti ufficiali o le madri dei Principi designati dall’ Imperatore morente come successori. Ciò ricondusse la femmina alla ” sana obbedienza “, lontana dai giochi di potere.
La botta finale alla condizione femminile la diede Confucio, professo misogino, che precluse alle donne perfino il Cielo cancellandole dalle tavolette degli antenati e spogliandole per sempre anche del loro ricordo.
La linea di sangue venne definita esclusivamente da padre a figlio e le donne dichiarate fonte di povertà e tristezza, necessarie purtroppo come fattrici ma , a causa della natura ” corruttrice ” , assolutamente escluse da ogni mansione pubblica e fuori perfino dalla imprenditoria familiare. Completamente priva di mezzi, inattiva e schiava della sua stessa famiglia la donna divenne solo un inutile peso, una bocca da sfamare di cui disfarsi già alla nascita in quanto creatura priva di un possibile futuro. La strage degli innocenti cominciò da lì:
con i cadaveri delle neonate abbandonate sui cigli della strada, o le bambine allevate per estrema carità all’ unico scopo di venderle come schiave. Un cammino doloroso ma inevitabile: d’altronde la fasciatura dei piedi si affermò in Cina quando Confucio era ormai un mucchietto di ossa nella sua tomba, segno di un ineluttabile destino di repressione, castrazione e deformazione che impedisse alla donna di realizzarsi in una sfera estranea al compiacimento maschile. La professione di ” cortigiana “, che si accompagnanva alla pratica della fasciatura dei piedi, divenne un ‘ arte estremamente ambita ma anche, ahime’, anche piena di rinunce, faticosissima per la enorme mole di abilità che le donne dovevano fare proprie, non solo a letto ma anche nella vita. Molto prima che le geishe Giapponesi facessero morire d’ amore i colonizzatori occidentali le prostitute Cinesi erano assurte ai vertici dell raffinatezza amorosa, riuscendo a far dimenticare ai loro padroni di essere delle schiave. Non poche riuscivano a farsi sposare e divenivano pericolosissime favorite nella scala gerarchica della successione ereditaria , avanti anche alle mogli titolari non avvezze alle pratiche amorose e confinate nei loro cortili, da cui uscivano solo dopo morte. Si consolidò quindi in Cina la convinzione che la vita della cortigiana fosse la massima aspirazione per un certo tipo di donna e che questa condizione fosse anche
” naturale e utile “. Quando l’ Impero andò in crisi , sotto i colpi crivellanti della smania colonizzatrice degli Occidentali e la Cina entrò in una spirale di fame e di schiavitù senza precedenti, piuttosto che buttarle nella spazzatura come i Cinesi avevano sempre fatto, le bambine divennero una merce di scambio molto vantaggiosa. Acquistate per un tozzo di pane presso i loro stessi parenti o, molto più spesso, rapite dai loro villaggi queste inermi creature andarono a ingrassare il mercato degli schiavi e vendute al miglior offerente in Europa quanto in tutta l’ Asia.
Ma la vera deportazione avvenne solo intorno al 1840, quando migliaia di piccole schiave vennero letteralmente prese e messe in scatola dirette verso l’ America, dove avvenne la più truce e la più arida violenza sulle donne che la storia ricordi.
I Cinesi, dopo avere scoperto e abbandonato il Nuovo Continente un migliaio di anni fa ci tornarono in massa spinti dalla fame intorno al 1820 in seguito alla sconfitta della seconda guerra dell’ oppio, che in pratica mise in ginocchio la Cina sottomettendola agli Inglesi. Dopo lo sterminio ufficiale della dinastia Qing gran parte della popolazione Cinese fuggì in America, attratta dal miraggio del guadagno e accolta a braccia aperte dagli Industriali Statali, ormai a corto di manovalanza dopo la liberazione degli schiavi negli Stati del Nord.
Per maggiori informazioni vi consiglio di riguardare questo link https://patriziabarrera.wordpress.com/2014/07/22/cinesi-via-dallamerica-le-origini/
I primi immigrati furono addetti alle incombenze più gravose, quelle che nessun ” Vero Americano ” voleva fare: equivale a dire impiegarsi presso le Società Minerarie e..lavare la biancheria sporca. Molti Cinesi venivano anche arruolati di forza sulle navi che circumnavigavano l’ oceano per l’ approvvigionamento di merci e in genere finivano ad occuparsi del rancio, grazie alla loro proverbiale abilità nel preparare la cena con qualsiasi cosa dalla parvenza commestibile!
In breve quelli che gli Americani chiamavano spregiatamente ” musi gialli ” non solo si integrarono facilmente nel Nuovo Mondo ma anzi iniziarono una scalata vertiginosa ai suoi vertici, entrando presto in competizione con i commercianti locali e attirandosi l’ antipatia della popolazione. Malgrado ciò la presenza Cinese in America si rivelò una mano santa per gli affari: attrazioni, case da gioco e aziende importatrici di cibi freschi ed esclusivi che venivano dall’ Oriente alzarono di livello città isolate come San Francisco, e andarono di pari passo con lo smercio di alcool e droga favoriti dallo Stesso Governo dagli Stati Uniti e gestiti dalle Forze dell’ Ordine.
Ne venne fuori un traffico milionario che eresse un ponte nero tra America e Cina e stabilì un indegno connubio tra due terribili mafie.
Apparentemente la Cina si trovava in un grave svantaggio: oppressa dalle continue richieste di manodopera da parte degli USA e già obbligata dall’ Inghilterra a ignobili violenze sui propri sudditi, costretti a fare uso di oppio per divenire più ” governabili ” , alla fine ideò una politica malvagia che mirava a strozzare gli Americani con la loro stessa corda.
Fingendo di credere alle lusinghe del Trattato di Burlingame del 1868, che sulla carta apriva le braccia alla ” cultura ” Cinese ma che in pratica costringeva la Cina a esportare con qualsiasi mezzo schiavi a buon mercato, il grande Impero in decadenza radicò in America una mafia subdola e incontrollabile che ben presto instaurò un vero monopolio del crimine, incentrato su alcool, gioco d’ azzardo e droga. In seguito arrivò anche la prostituzione, i cui enormi ricavi tuttavia non entrarono mai nelle tasche Americane ma rimase un affare orientale , per cultura più che per denaro. In definitiva l’ importazione delle piccole schiave andava a soddisfare un’ esigenza tutta Cinese : l’ abnorme numero di braccianti, che arrivavano in America senza mogli per motivi logistici, necessitava di una valvola di sfogo, sulla qual cosa tutti concordavano.
Tra Americani e immigrati esisteva una netta linea di demarcazione, e le Leggi nascenti ghettizzavano sempre più gli stranieri costringendoli a scavarsi posti sempre più infimi tra le pieghe della società. Nacquero quartieri per bianchi e neri, poi per Irlandesi e Italiani, infine per Spagnoli Messicani e Indiani . I Cinesi, grazie ai forti appoggi di cui godevano, si crearono veri e propri piccoli imperi di cui Chinatown rappresentò fulgido esempio.
IN questa città nella città gli Americani erano gli intrusi, ma diventavano graditi ospiti se si recavano nelle sale da gioco o per qualche esotico sollazzo nei casini chiamati eufemisticamente ” Case del The “. dove, assieme alla preziosa bevanda si poteva assaggiare anche…il dolce locale!
Qui prostituzione e oppio regnavano sovrani e scorrevano letteralmente fiumi di denaro, di cui una piccola fetta entrava direttamente nelle tasche della Polizia. E qui la sorte delle piccole schiave Cinesi , arrivate via mare rinchiuse in casse di legno, si palesava seguendo strade diverse sulla base della loro età e bellezza.
(continua)
“… il resto del mondo si allargava più o meno riluttante al rispetto della donna…”
mah, diciamo che il resto del mondo è più disinvolto nell’ipocrisia.
quanto al resto non posso controllare – né voglio, e nemmeno saprei da dove incominciare – ma a prima vista non pare implausibile… grazie.
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Ciao Ricco&spietato! Ti posso assicurare che tutto ciò che scrivo è documentatissimo e non è mai romanzato. Se leggerai i prossimi post dedicati te ne accorgerai, soprattutto quanto ti citerò le famosissime Madame Cinesi che sfruttavano la pelle delle loro connazionali oquella che fu poi definita ” La Santa delle Sing Song Girls “, una donna eccezionale che riuscì a salvarne più di 600.
Per ora ti ringrazio per l’ attenzione rivolta al mio blog e ti saluto caramente!
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