Vita da Squaw: l’America di Cristoforo Colombo

L'America di Cristoforo Colombo patrizia barrera

Quando gli Europei giunsero nelle Americhe nel 1492 si trovarono davanti ad uno spettacolo per quei tempi incredibile. Donne e uomini completamente nudi che li accolsero con pacifica curiosità ed erano propensi ad offrire loro tutto ciò che essi volevano, comprese le proprie donne. Si trattava degli Indigeni Taìnos e l’isoletta di sbarco faceva parte delle Bahamas; gli Indigeni la chiamavano Guanahanì e Colombo la ribattezzò

San Salvador. Questa è storia. Ciò che la storia spesso non racconta è l’antefatto, ciò che spinse Colombo a partire e le grandi Potenze a sterminare i Nativi, al sud quanto al nord, per accaparrarsi i beni di quelle terre. Colombo era di fatto un arrampicatore sociale, con la testa piena di ambizioni e di sogni. Di oscura origine Genovese e buon marinaio da commercio era approdato in Portogallo dove poi era riuscito, con un buon matrimonio e con la sua testardaggine, a farsi accogliere dalla elìte colta del tempo e ad accedere a libri di navigazione e di astronomia che altrimenti gli sarebbero stati vietati. Le sue letture preferite erano il Milione di Marco Polo, la Storia naturale di Plinio, gli antichi testi di Platone, Aristotele e Tolomeo e, non ultimi, i diari di bordo del nonno della moglie Filippa, a suo tempo scopritore dell’isola di Madeira della quale fu fatto dal Re Governatore e dove Colombo stesso risiedeva. Si dice che avesse avuto anche visioni della famosa Atlantide ed era ossessionato dalla ricerca delle sue mitiche città d’oro sprofondate nell’oceano.

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